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Covid-19: a rischio le attività scientifiche non legate alla pandemia


Il prof. Giuseppe Novelli, Professore di Genetica Umana all’Università di Roma “Tor Vergata” e Adjunct Porfessor alla Reno University of Nevada pone l’accento su un tema importante, ovvero il rischio che le attività scientifiche non legate alla pandemia da Covid-19 si fermino, con importanti conseguenze per tutti.

Dal “Il Sole 24 ore del 31 ottobre 2020”.

Non dimentichiamoci anche della ricerca”, afferma il prof. Novelli, che continua dicendo “le ricerche di tipo scientifico, sociali, economiche e comportamentali non sono meno utili ed urgenti in tempo di pandemia. Non andrebbero fermate, nonostante le enormi e inedite difficoltà che ci troviamo a fronteggiare: ciò cui invece stiamo assistendo è invece un pesante deficit relativamente agli studi in questi campi. Mancano dati, confronto scientifico, operatività delle strutture di ricerca. La ricerca è una forma di energia: richiede continuo movimento, scambio, trasmissione. La ricerca richiede uno stretto contatto tra ricercatori e partecipanti, soprattutto per le osservazioni sul campo: penso ad esempio a strutture cliniche, scuole, carceri, comunità, laboratori. Il rischio di contagio da COVID-19 ha di fatto ridotto o eliminato queste vitali dinamiche, sostituendolo in parte con i webinar, gli incontri virtuali. ecc. Per quanto sia enorme l’opportunità offerta dalle nuove tecnologie e dalle nuove forme di comunicazione, senza timore di smentita si può affermare che non tutto possa essere ridotto a incontri virtuali.”

“Ci sono discipline di ricerca che si basano sul contatto umano diretto che hanno visto un calo impressionante della produttività durante la pandemia. Alcuni colleghi dell’Università del Michigan (USA) hanno studiato questi aspetti e pubblicato un interessante articolo su PNAS , la rivista dell’Accademia Americana delle Scienze, sottolineando come negli ultimi 4-5 mesi molte istituzioni americane di ricerca non hanno ripreso le loro attività o le hanno fortemente ridotte del 50-80%. Non conosciamo i dati italiani al momento, ma non credo siano molto diversi: sarebbe utile che il MUR avviasse un’indagine in questa direzione.”

All’indomani di questa pandemia forse faremo i conti e valuteremo le conseguenze disastrose di ciò che abbiamo perso, delle idee, della tecnologia, delle scoperte che non vedremo“. 

 

 

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