Tra le testimonianze raccolta da Casa Cina di Città della Scienza allo scopo di dimostrare che il virus ha sì rallentato, ma non ha di certo fermato le attività relative alla cooperazione in ambito scientifico ed accademico tra i due paesi, c’è anche quella del prof. Roberto Ranzi, Delegato del Rettore alle politiche di internazionalizzazione, cooperazione e sviluppo.
La consapevolezza di condividere un destino comune permette di spronare le istituzioni di ricerca verso obiettivi condivisi.
L’Università degli Studi di Brescia ha stipulato un nuovo accordo di cooperazione internazionale con il Computational Science Research Center (CSRC) con sede a Pechino, quali sono i principali esiti della vostra cooperazione?
La cooperazione con il CSRC, iniziata con un kick-off meeting a Pechino, nel novembre 2019, verte principalmente sullo studio di specchi ultra-leggeri (specchi atomici) realizzati sfruttando principi della fisica quantistica. Al momento si stanno studiando schemi per l’optical driving quantistico di tali specchi in configurazione di microcavità. L’assenza forzata di scambi tra giovani ricercatori, docenti e due dottorandi appartenenti ai gruppi di ricerca dei due paesi per l’intera durata del 2020 non ha purtroppo consentito lo sviluppo delle consuete attività di disseminazione inclusa la partecipazione a convegni internazionali. Ciononostante, anche nei periodi più critici dell’emergenza sanitaria nei due paesi, si sono però mantenuti attivi tramite canali telematici contatti ed interlocuzioni costanti tra i partecipanti di entrambi i paesi.
Quali sono i principali progetti di ricerca attualmente attivi tra l’Università di Brescia e la Cina?
L’Università Statale di Brescia ha attivi dodici accordi di collaborazione con Università e Centri di Ricerca in Cina, nell’area dell’Ingegneria, Medicina e Giurisprudenza. Uno dei più prestigiosi è il Progetto bilaterale di Grande Rilevanza finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il National Science Foundation of China (NSFC). Il progetto, Harnessing Color Entanglement for Information & Communication Technology (ICT) coordinato dal Prof. Maurizio Artoni, riguarda scienze e tecnologie di base con tematiche che vertono su nuovi materiali, ambiente, quantum technology e salute. Significativa e per certi aspetti originale anche la collaborazione tra il Dipartimento di Giurisprudenza e tre Università cinesi, coordinata a Brescia dal prof. Antonio Saccoccio, sui legami tra il diritto romano e il diritto cinese contemporaneo, in relazione all’aggiornamento in corso del Codice Civile cinese.
Come avete proseguito questa cooperazione in questo periodo di emergenza?
I principali impedimenti sono stati l’impossibilità di viaggiare tra i due paesi ed alcuni problemi di salute dei componenti del team cinese. Le due controparti, cinese ed italiana, all’insorgere dell’emergenza sanitaria nei due paesi, hanno prontamente concordato a fine primavera 2020 un programma di collaborazione tramite video-conference e calls, convenendo di favorire la cooperazione scientifica tra i due paesi partners esclusivamente per via telematica.
Quali sono le principali tematiche di ricerca su cui verte la vostra cooperazione con le università cinesi in ambito accademico e scientifico?
Di lunga data le collaborazioni con partners cinesi nell’area dell’optoelettronica quantistica che hanno portato al progetto di ricerca con il CSRC al quale abbiamo accennato.
Insieme ai partner cinesi, che comprendono la China University of Political sciences and Law di Pechino, i docenti e ricercatori del Dipartimento di Giurisprudenza stanno lavorando, da un lato alla traduzione ed alla divulgazione di fonti giuridiche e letterarie romane ed italiane attuali, dall’altro lato, nella ricerca sul diritto cinese antico ed attuale ad esempio in materia di diritto degli investimenti internazionali e Belt and Road Initiative, così come sul nuovo Codice civile della Repubblica Popolare Cinese. Un’altra area di collaborazione riguarda temi di ricerca di base e applicata nel settore dell’ingegneria idraulica svolti assieme alla Shanghai Jiao Tong University. Significative anche le collaborazioni nel settore dell’odontoiatria con la Hong Kong University e quelle nell’automazione industriale con la Anhui Polytechnic University legate anche a parters industriali cinesi in joint venture con aziende bresciane.
Quali sono invece le nuove opportunità possono nascere in questo periodo post pandemia nella cooperazione scientifica ed accademica con la Cina e quali sono i principali ambiti di interesse per la cooperazione futura ?
La pandemia da Covid-19 ha costituito una crisi sanitaria, economica e tecnologica che ha colpito in maniera significativa entrambe le comunità nazionali cinesi ed italiane, così come tutto il mondo occidentale. La risposta in termini di alta formazione e ricerca scientifica ha creato le basi per un nuovo dialogo scientifico di scambio tecnologico e di know-how, nella consapevolezza che la interconnessione globale non consente più di ragionare per compartimenti geografici separati. Pur nella difficoltà della attuale situazione, la consapevolezza di condividere un destino comune permette di spronare le istituzioni di ricerca verso obiettivi condivisi, quali a titolo di esempio, la ricerca di nuove tecnologie di sorveglianza epidemiologica dei patogeni emergenti e di strumenti diagnostici rapidi ed innovativi. Come segno concreto, la collaborazione tra Brescia e la Cina ha permesso di installare all’ospedale di Montichiari, grazie ad uno sponsor cinese, un laboratorio di diagnostica, pronto all’uso per effettuare centinaia di tamponi al giorno. Quando si potrà tornare ad incontrarsi in presenza, nuove motivazioni etiche nate dalla sempre maggiore consapevolezza di condividere il medesimo destino nel nostro unico pianeta potranno consolidare le linee di ricerca in atto ed aprirne di nuove.