Fondi Ue per la ricerca: alle università va il 30% dei contributi all’Italia

L’università non è solo didattica ma è anche ricerca. Un principio consolidato che gli atenei italiani dovrebbero ripetere come un mantra. Avendo 100 miliardi di buoni motivi (e di euro) per farlo. Agli 11 e passa, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destina alla componente Ricerca della missione 4 e che in gran parte interessano direttamente gli atenei, si sommano infatti i 95,5 miliardi del nuovo programma quadro Horizon Europe (He). Se la commistione economica tra i due strumenti è marginale, perché solo una minima parte dei fondi del secondo è sovrapponibile a quelli del primo, la sovrapposizione temporale invece esiste. Vista la quasi coincidenza tra il cronoprogramma del Pnrr (2021-26) e quello di He (2021-27). Un duplice appuntamento a cui, almeno sulla carta, arriviamo preparati. Nel precedente programma quadro Horizon 2020, su 80 miliardi di dote complessiva, l’Italia se ne è aggiudicati 5,5. Di questi 1,8 sono andati alla nostra istruzione terziaria: più o meno un terzo, un dato in linea con la media del sistema universitario europeo. In testa alle prime 50 realtà accademiche per fondi ricevuti nell’ambito di H2020 troviamo il Politecnico di Milano con 185,9 milioni spalmati su 437 partecipazioni, davanti all’Alma Mater di Bologna con 149,1 milioni (e 353 progetti) e all’università di Padova con 103,3 milioni per 281 interventi. Chiude la top 5 la Sapienza di Roma con 96,4 milioni e 228 partecipazioni.

Guardando i numeri la ministra dell’Università, Cristina Messa, è fiduciosa. Innanzitutto perché «parlando di ricerca, insieme alle università dobbiamo sempre considerare anche gli enti di ricerca e gli Irccs perché la collaborazione tra tutti porta a progetti importanti che vengono sviluppati insieme». E poi – aggiunge – «dobbiamo sempre pensare che chi fa ricerca nelle università sono davvero poche decine di migliaia di persone: la capacità di un così limitato numero di ricercatori di attrarre una percentuale consistente di risorse, in un sistema competitivo, non deve essere data per scontata. A proposito della doppia occasione che si profila all’orizzonte – gli 11,4 miliardi del Pnrr e i 95,5 di He – l’ex rettrice della Bicocca sottolinea: «Anche guardando agli investimenti del Pnrr e al nuovo Horizon Europe, il sistema così visto direi che è pronto e non deve smettere di partecipare a bandi per accedere a finanziamenti europei che sono un grande stimolo dell’internazionalità della ricerca». Un motivo in più per ripetere il mantra iniziale.

(Fonte: Eugenio Bruno, Il Sole 24 Ore, lunedì 27 settembre 2021)

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