C’è un’altra platea che il decreto Pnrr approvato una settimana fa punta ad allargare. Stiamo parlando dei giovani ricercatori italiani che lavorano all’estero e che magari aspirano a rientrare. Il prossimo bando atteso per aprile dovrebbe includere infatti non solo le figure già contemplate dall’avviso pubblico del 2022 – e cioè i vincitori di un bando dell’Erc, di una borsa Marie Curie o di Sigillo d’eccellenza – ma anche una serie di altre categorie.
Il Dl varato lunedì scorso prevede infatti che possano beneficiare del tandem di incentivi previsto – ammissione al finanziamento e chiamata come ricercatore a tempo determinato di tipo a) da parte dei nostri atenei – tutti coloro che hanno conseguito il Seal of excellence (Soe) nell’ambito dei Programmi quadro Horizon 2020 ed Horizon Europe negli anni 2022 o precedenti, relativi alle Azioni Marie Sk?odowska-Curie (Msca), negli anni successivi al 2022. Contestualmente, viene consentita la partecipazione al bando anche ai giovani ricercatori i cui progetti abbiano avuto una valutazione eccellente a seguito della partecipazione a bandi Starting grant e Consolidator grant dello European Research Council (Erc), ma che non siano stati finanziati per insufficienza di budget, oltre ai possessori di un post-doc internazionale.
L’allargamento delle maglie deriva dalla difficoltà riscontrata durante la prima call a trovare un numero sufficiente di “cervelli” intenzionati a fare rientro nel nostro Paese. I numeri del resto parlano chiaro. Come sottolineato nella quarta relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza del 22 febbraio scorso, infatti, i vincoli preesistenti «hanno contribuito a un basso tasso di adesione da parte dei soggetti proponenti», tant’è – si legge nel testo – che «su un totale di 700 finanziamenti banditi, sono state presentate solo 290 istanze di finanziamento». Con il risultato – sottolinea ancora il documento governativo – che il target previsto a fine 2022 di 300 giovani ricercatori di ritorno in Italia è stato superato di appena due unità (arrivando così a 302) e solo includendo nel conto una baseline di 50 contratti di ricerca già sottoscritti grazie ai bandi precedenti. Da qui l’idea di rimodulare tanto l’obiettivo finale (850 ricercatori di ritorno anziché 2.100) quanto la dote a disposizione (210 milioni e non più 600). Ciò significa che, per centrarlo entro il 30 giugno 2025 come previsto dalla rimodulazione del Piano, bisogna ingolosirne altri 500 e passa. E aver allargato le maglie potrebbe aiutare l’esecutivo a riuscirci.
Sempre in tema di ricercatori va segnalata una novità ulteriore prevista dal Dl Pnrr. Stiamo parlando della rimozione degli ostacoli che impediscono un pieno interscambio di professionalità e competenze tra enti di ricerca e università, attraverso la previsione, nel caso di mobilità tra enti pubblici di ricerca e università, di misure di incentivo che si traducono nel riconoscimento dell’anzianità già maturata.
(Fonte: Il Sole 24 Ore)