Uno studio condotto dal prof. Marco Metra dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore dell’Unità di Cardiologia dell’ASST-Spedali Civili, descrive, per la prima volta, nella letteratura mondiale, i dati demografici, le caratteristiche cliniche e la prognosi dei pazienti Covid-19 cardiopatici e confronta questi dati con quelli di pazienti senza malattia cardiaca concomitante. Tutti i pazienti sono stati ricoverati per polmonite da Covid-19 tra il 4 e il 25 marzo 2020. I risultati dello studio sono in pubblicazione sulla rivista scientifica European Heart Journal, la più importante al mondo in campo cardiologico.
«La nostra analisi ha mostrato che i pazienti Covid-19 con concomitante cardiopatia hanno una prognosi estremamente severa, significativamente peggiore di quella già grave dei non cardiopatici con polmonite da COVID-19. Cause principali di mortalità sono state la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), eventi tromboembolici, tra cui l’embolia polmonare, e lo shock settico – spiega il prof. Marco Metra, coordinatore dello studio –. Gli studi eseguiti su casistiche cinesi avevano già suggerito la maggiore suscettibilità per polmonite da COVID-19 dei soggetti cardiopatici e la possibilità di un danno cardiaco in corso d’infezione. In questo studio, per la prima volta, sono descritte sia le caratteristiche cliniche che i fattori di rischio per aumentata mortalità di questi pazienti: età, storia d’insufficienza cardiaca, storia d’insufficienza renale, diabete. Viene anche confermato il significato prognostico di alcuni semplici parametri laboratoristici quali la creatininemia, la troponina plasmatica, la linfopenia».
La serie dello studio conta 99 pazienti consecutivi con polmonite da Covid-19: 53 pazienti cardiopatici e 46 senza una malattia cardiaca concomitante.
Tra i pazienti cardiopatici dello studio, il 40% aveva una storia di insufficienza cardiaca, il 36%, una fibrillazione atriale e il 30% una cardiopatia ischemica; 67 anni l’età media con l’81% dei pazienti maschi. Nella casistica totale, durante il ricovero ospedaliero, il 26% dei pazienti è deceduto, il 15% ha avuto eventi tromboembolici, il 19%, una sindrome da distress respiratorio acuto, il 6%, uno shock settico. Dal confronto tra pazienti cardiopatici e non è emersa la mortalità più alta dei pazienti con cardiopatia, 36% contro il 15% dei non cardiopatici con un tasso di eventi tromboembolici e di shock settico anche questi più elevati: 23% contro 6%, e 11% contro lo 0%, rispettivamente.
Descrivendo per la prima volta le caratteristiche cliniche e i fattori di rischio per aumentata mortalità dei pazienti cardiopatici, questo studio apre la strada alle future ricerche su infezione da Covid-19 e sistema cardiovascolare.