MaSTLab, dove i teli neri si dissolvono e diventano fertilizzanti

Bioplastiche, scaffold, polimeri intelligenti. La filiera dei materiali innovativi all’Università di Brescia riunisce i suoi ricercatori in un unico luogo fisico, uno accanto all’altro. I progetti sono misti – accademici e privati; destinatari settori diversi: meccanica, automotive, agricoltura, biomedicale. All’interno di MaSTLab, il laboratorio di Scienza e Tecnologia dei Materiali del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, si studiano i materiali, le tecnologie di progettazione e produzione e le applicazioni. Fra questi, un’ampia gamma di polimeri capaci di adattarsi all’ambiente, sia esso una macchina, la terra o addirittura il corpo umano.

In agricoltura c’è molta plastica. Come i teli neri per la pacciamatura, che però «spesso vengono bruciati a cielo aperto perché sporchi e difficili da riciclare, spiega la prof.ssa Luciana Sartore -. Per evitare pratiche pericolose e sprechi abbiamo realizzato film che degradano naturalmente alla fine del ciclo produttivo della pianta». Sono teli realizzati con scarti dall’industria conciaria e agroalimentare, che possono essere usati come fertilizzanti. Esiste anche una versione spray, per cui il film viene spruzzato direttamente su terreni difficili da raggiungere con teli normali, come le vigne. Con lo stesso principio, il gruppo ha inventato anche vasetti biodegradabili per piantine: fiori e verdure vengono interrati nel loro contenitore, che degradandosi rilascia il fertilizzante necessario.

Dall’agricoltura si passa, da una stanza all’altra, a progetti di ingegneria tissutale, settore interdisciplinare che si occupa di rigenerare tessuti danneggiati e, in futuro, organi umani. Qui si progetta il materiale di partenza, cioè gli scaffold, le impalcature tridimensionali in cui le cellule inseminate crescono e si organizzano secondo uno schema di volta in volta stabilito per generare un determinato tessuto. «Finora siamo riusciti a realizzare un modello per la ricostruzione ossea e delle cartilagini – racconta Kamol Dey, post-doc dal Bangladesh -. Abbiamo creato idrogel biocompatibili a base di polimeri naturali, come gelatina, chitosano, cellulosa e acqua. Le prove in vitro hanno dato ottimi risultati».

Ed è soprattutto nell’ambito biomedicale che a MaSTLab vengono messe alla prova le tecnologie 4.0. C’è un filone di ricerca che riguarda i materiali a memoria di forma: polimeri intelligenti che, rispondendo a stimoli esterni come la temperatura o fonti luminose, cambiano forma. Le loro applicazioni sono numerosissime, a partire dalla chirurgia minimamente invasiva.

Il team coordinato dal prof. Stefano Pandini progetta materiali bicompatibili e bio-assorbibili da introdurre nel corpo umano, per esempio sottoforma di divaricatori per le vene che si aprono solo una volta posizionati o capsule che rilasciano il farmaco in modo controllato. Ma non solo. «I polimeri intelligenti servono anche all’aerospazio e all’aeronautica – spiega il docente -, come strutture auto-pieganti adatte anche alla movimentazione sequenziale. È il passo oltre la manifattura additiva: questi polimeri aggiungono una quarta dimensione alla stampa 3D, che è proprio la possibilità di evolvere la forma».

Oltre alle attività di ricerche interne, il gruppo conta su un buon network di collaborazioni. Con le aziende, a cui MaSTLab offre anche consulenze, con enti internazionali, come la European Structural Integrity Society con cui un team sta elaborando nuove metodologie di prova per valutare l’integrità strutturale dei materiali polimerici (referente il prof. Francesco Baldi), e con altre università.

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