La partenza del progetto MicrobIA (acronimo di Microbiology Image Analysis) nel 2013 ha dato il via non solo a un processo di innovazione che non si è ancora fermato, ma anche a una bella e solida collaborazione fra un’azienda e l’Università. È la storia di Copan e del gruppo di ricerca coordinato dal Dott. Alberto Signoroni, ricercatore e docente a Ingegneria (Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione) all’Università degli Studi di Brescia, unitisi per aggiungere alla parte di automazione delle analisi microbiologiche quella di imaging, ovvero di tecnologie legate all’uso dell’intelligenza artificiale (IA) nei sistemi di visione per identificare i batteri. “Già nel 2012 pensavamo di usare gli algoritmi per evitare all’utente la rimozione delle colture negative, che sono il 70% – ricorda Mario Savarese, chief strategy officer del gruppo Copan -. Ma servivano competenze molto elevate e per questo abbiamo coinvolto l’università”. All’inizio l’IA è stata utilizzata per l’analisi cromogenica dei batteri, basata cioè sulle diverse colorazioni che le colonie assumono a contatto con determinati enzimi. Il colore permette di identificare quelle positive e di agire quindi in modo tempestivo sui pazienti. Poi la sfida si è spostata sull’analisi morfologica, che scova i batteri patogeni in base al loro aspetto e su terreni di uso generale. Per individuarli, compresi i campioni più resistenti ai farmaci, i ricercatori dell’UNIBS hanno “allenato” le reti neurali, che hanno imparato a riconoscere i diversi tipi di batteri da centinaia di migliaia di esempi e ora sono capaci di riconoscerli fra milioni di immagini.